E' forse stato questo il momento che ho capito, non i mesi che lo hanno preceduto, che è diventato un uomo, che si sta costruendo la sua famiglia, la sua strada, il suo futuro.
Ed è in questo momento che mi ritornano in mente le parole del poeta Josè Saramago.
«Un figlio è un essere che Dio ci ha prestato per fare un corso intensivo di come amare qualcuno più che noi stessi, di come cambiare i nostri peggiori difetti per dargli migliore esempio, per apprendere ad avere coraggio.
Sì. È questo!
Essere madre o padre è il più grande atto di coraggio che si possa fare, perché significa esporsi ad un altro tipo di dolore, il dolore dell'incertezza di stare agendo correttamente e della paura di perdere qualcuno tanto amato.
Perdere? Come? Non è nostro.
È stato solo un prestito.
Il più grande e meraviglioso prestito, siccome i figli sono nostri solamente quando non possono prendersi cura di sé stessi.
Dopo appartengono alla vita, al destino e alle loro proprie famiglie.
Dio benedica sempre i nostri figli, perché a noi ci ha benedetto già con loro.»
«Figlio è un essere che Dio ci ha prestato...»
non è una cosa o un prodotto... non ne siamo proprietari, Dio non ce l’ha venduto, non è un bene effimero, è un nostro pari, possiamo soltanto educarlo e allevarlo, affinché ci subentri.
«... per fare un corso intensivo di come amare qualcuno più che noi stessi, ...»
il senso di ricevere un figlio è che dobbiamo amarlo, in una famiglia dove nasce un figlio cresce l’amore, perché l’amore di lui verso lei e viceversa si somma l’amore di ambedue e di ciascuno verso il figlio, che è un sentimento diverso, imprevisto, e la sua manifestazione cambia il corso e il senso della vita. Qualcuno ha scritto che fare un figlio significa consegnare un ostaggio alla vita.
In tal caso i genitori si sentono i custodi della vita dell’ostaggio, e sentono che devono proteggere e salvare quella vita prima della propria.
il figlio appare per capovolgere i rapporti nella coppia e nella famiglia, arriva ultimo per essere il primo.
Ma padre e madre, amando il figlio più di se stessi, amano di più se stessi. Il figlio è un moltiplicatore, non un sottrattore
«...di come cambiare i nostri peggiori difetti per dargli migliore esempio...»
il figlio è un allievo, vorremmo che fosse migliore di noi, e non avesse i nostri difetti. Se noi abbiamo qualche difetto fisico, spiamo la crescita del piccolo nel terrore che quel difetto compaia. Se abbiamo qualche difetto caratteriale, spiamo i comportamenti del piccolo per scoprire se quel difetto si riproduce. Questo significa che non vorremmo avere quei difetti, e cerchiamo di eliminarli.
«...per apprendere ad avere coraggio.»
l’istinto di padre e madre, appena sono padre e madre, è di apparire forti, protettori del figlio, coloro che danno coraggio e sicurezza. Il messaggio è: sei fortunato ad avere noi. Per ottenere questo, padre e madre nascondono la propria paura e la propria insicurezza. Il figlio piccolo deve sentire che padre e madre sono un porto, nel quale lui potrà sempre rifugiarsi, per fuggire alle tempeste. Il figlio piccolo che affonda la testa nel seno della madre, è la nave che getta l’ancora nel porto. La tempesta per eccellenza è la morte.
«Sì. È questo! Essere madre o padre è il più grande atto di coraggio che si possa fare...»
perché significa voler ripetere la vita, non volere che finisca. Un popolo che fa figli è un popolo vitale. Non occorre avere tanti bonus e sussidi: l’Italia di ieri faceva tanti figli, l’Italia di oggi pochi. Eppure ieri era più povera. Ma era più contenta di vivere.
«perché significa esporsi ad un altro tipo di dolore, il dolore dell'incertezza di stare agendo correttamente e della paura di perdere qualcuno tanto amato...»
il dolore di sbagliare, il dolore di perdere qualcosa di molto importante, il senso stesso della nostra vita.
«Perdere? Come? Non è nostro. E' stato un prestito. Il più grande e meraviglioso prestito,...»
il più grande dono che un essere umano possa ricevere.
«Siccome i figli sono nostri solamente quando non possono prendersi cura di sé stessi...»
il più grande dono che un essere umano possa ricevere.
«Dopo appartengono alla vita, al destino e alle loro proprie famiglie.»
Quando avviene il distacco aumenta il dolore ma anche la gioia di vedere che ce la fanno da soli, che siamo riusciti a insegnargli qualcosa che ci tramanda, ci fa continuare a vivere.
«Dio benedica i nostri figli, perché noi ci ha benedetto già con loro»
loro sono un premio. E un premio te lo devi meritare, non lo puoi comprare.
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