«Pianga, Malaussène, pianga in modo convincente. Sia un buon capro»,
o qualcosa di simile, si sente ripetere dai suoi datori di lavoro prima di ogni nuovo incarico.
Un uomo buono che finisce sempre per sembrare responsabile di qualche misfatto.
E per ironia la sua vocazione lavorativa è proprio accollarsi colpe non sue, portando il cliente insoddisfatto all'esasperazione della pietà fino a fargli dimenticare il motivo della sua protesta.
Malaussène non è solo un capro espiatorio, è anche un "capo tribù": il capo della sua strana famiglia fatta solo di fratelli e sorelle, e una madre sempre in fuga ed innamorata, intorno a cui ruotano personaggi, a volte di dubbia legalità, che rappresentano il carattere multietnico di Belleville.
È un uomo che ama profondamente la sua donna e il bambino che gli darà e che vive le gelosie e le preoccupazioni di ogni fratello maggiore.
Nei romanzi della saga di Malaussène, caratterizzati dalla comune notevole valenza stilistica, i sentimenti del protagonista sono vivissimi e intensi, e Pennac si esprime con una semplicità disarmante, usando parole che non possono che essere d'amore verso la finta realtà che descrive.
Benjamin Malaussène è il personaggio centrale nei romanzi del Ciclo di Malaussène di Daniel Pennac.
Di professione è capro espiatorio, prima nel tempio del consumismo, il Grande Magazzino, poi alle Edizioni del Taglione.
Pennac, destinato in pochi anni a diventare un autore di culto, con quella invenzione letteraria aveva affrontato uno dei temi centrali nella storia dell’uomo, come spiega il criminologo Adolfo Francia, organizzatore di quel convegno.
«Il capro espiatorio – spiega il docente universitario dell’Insubria– è una metafora molto utile: si sacrifica qualcuno per l’interesse della collettività.
Sono figure necessarie, indispensabili per l’evoluzione dei gruppi sociali.
"Vede, il Capro Espiatorio non è solo quello che, all'occorrenza paga per gli altri. È soprattutto, e anzitutto, un principio esplicativo, signor Malaussène."
"Perché i conquistatori perdono l'impero se si addormentano sui sofà, signor Malaussène."
"Per parlare solo del giudaismo, per esempio, o del cristianesimo, il suo fratellino perbene! Malo, ti sei mai chiesto come faceva Jahvé, il Sublime Paranoico, per far funzionare le sue innumerevoli creature? Indicava loro il Capro Espiatorio, in ogni fottuta pagina del suo fottuto Testamento, tesoro mio!"
"Lei stesso", Malaussène, "lei stesso"! L'"identità", cos'è questo snobismo? Crede che siamo "noi stessi" intorno a questo tavolo? Essere "se stesso", signore, significa essere il cavallo giusto, al momento giusto, sulla casa giusta della scacchiera giusta! O la regina, o l'alfiere, o l'ultimo dei pedoni! Ma mi sento già rispondere a Julie, con un filo di voce velenosa che, appunto, non è la mia voce: -Ah, sì? Perché io non sono me stesso?"
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