"In una condizione d’emergenza la paura trova terreno fertile: s’impadronisce dei nostri pensieri, mina il buon senso e soprattutto ci priva di punti di riferimento. Questa sensazione di smarrimento coinvolge chiunque: investe chi ha il compito di prendere in fretta decisioni importanti, talora senza precedenti, così come colpisce “l’uomo della strada”, che si barcamena in una tempesta emotiva che non conosce previsione. La rapidità con cui la situazione si evolve è un fattore chiave, perché determina la velocità con cui è necessario fronteggiarla.
Diversi nostri collaboratori volontari sono attualmente impegnati nella gestione della crisi lombarda, regione tra le più colpite al mondo. Qualcuno, da medico o infermiere, in prima linea nelle strutture ospedaliere, con sforzi ai limiti dell’umano. Qualcun altro nella Protezione Civile o in tutte le organizzazioni che stanno cercando di aiutare chi più ne ha bisogno. Qualcun altro ancora, occupato in servizi essenziali, è alle prese con una condizione lavorativa spinta al surreale. Il resto vive alla giornata, per lo più isolato tra le mura domestiche, dove ogni centimetro quadrato si riscopre prezioso e il tempo, un poco alla volta, leva la polvere a sentimenti sommersi e valori dimenticati, spesso i più semplici, ad esempio di essere parte di una famiglia.
In queste ultime settimane ci avete scritto in tanti, chi per sapere se era tutto ok, chi per salutare o condividere un momento. Quando sei innamorato di una disciplina, e dunque la coccoli con il cuore d’appassionato più che con le rigide formule di un analista, una buona predisposizione d’animo è premessa irrinunciabile per scrivere qualcosa di piacevole. Se manca quella, parlare di meteo diventa complicato... e mai come in questi giorni ci si rende conto di quanto una forte difficoltà tenda ad alimentare nella mente due reazioni diametralmente opposte: il silenzio e il caos. Un caotico silenzio interiore non è probabilmente il migliore amico della penna, o forse non lo è nei primi momenti.
Alcuni di noi, da appassionati di scienza prima che di meteorologia (lo ricordiamo, noi non siamo meteorologi professionisti ma appassionati di meteorologia che nella vita lavorano come medici, fisici, biologi, ingegneri, tecnici di laboratorio, chimici, etc.) da giorni si confrontano per cercare di capire qualcosa in più su quello che sta accadendo. Raccogliere informazioni non è semplice e gli aggiornamenti incalzano a ritmi forsennati. Gli stessi “addetti ai lavori” (o delegati tali) palesano nervosismi e/o divergenze d’opinione che disorientano il pubblico. Preso atto della babele comunicativa, le uniche fonti su cui ci siamo concentrati sono le recenti pubblicazioni scientifiche (es.: https://www.ncbi.nlm.nih.gov) e l’esperienza del personale medico impegnato sul campo, con cui, sera dopo sera, in condizioni fisico-emotive che definire strazianti è un eufemismo, s’ha modo di condividere osservazioni dirette.
Cosa ne esce? Pochissime sicurezze, tantissimi dubbi.
Punto per punto, quanto segue è un riassunto di alcuni tra gli aspetti più “delicati” sul tema, dedicando particolare attenzione a quelli che magari hanno avuto molta meno visibilità di quanto meriterebbero.
Sia chiaro: nessuno è depositario di certezze e tutto è perfettibile: ben vengano i commenti volti a correggere errori/imprecisioni o ad integrare con informazioni più aggiornate o provenienti da fonti attendibili più recenti.
E’ il momento di unire le forze, tirare fuori il meglio da ciascuno di noi, esaltare i sentimenti positivi e mandare in soffitta ogni forma di polemica.
Se andrà tutto o bene o andrà un po’ meno bene non lo può sapere nessuno, ma di sicuro andrà meglio se concentriamo i nostri sforzi verso un comportamento collettivo ed individuale il più possibile ragionato, consapevole e responsabile.
Un caro abbraccio virtuale a tutti voi e un abbraccio ancora più forte a chi sta affrontando da vicino l’emergenza donando l’anima pur di contenere i danni.
1) Il problema non è “il virus”. Il problema, più precisamente, è ciò che la propagazione locale di questa infezione virale sta comportando sul nostro (eccellente) sistema sanitario. Tante più persone del solito, contemporaneamente, hanno mostrato necessità di urgente assistenza medica per la medesima cosa: grave insufficienza respiratoria. Questa condizione anomala può mettere in seria difficoltà strutture e personale anche con numeri assoluti relativamente piccolini, con i posti in terapia intensiva che si esauriscono in fretta, giacché – in tempi di “quiete” sanitaria – simili ricoveri sono estremamente più diluiti nel tempo.
Un sistema sanitario completamente sbilanciato verso l’assistenza d’emergenza in malattie infettive espone al pericolo di non riuscire a trattare con sufficiente prontezza e sicurezza chi necessita di altre cure d’urgenza. Chi si rompe una gamba. Chi si taglia un dito mentre è al lavoro. Chi ha una crisi cardiaca. Chi ha una colica. Chi resta coinvolto in un incidente stradale. O più semplicemente una donna che deve partorire. Per questa ragione la serietà della crisi sta nel fatto che coinvolge potenzialmente TUTTI, “sani” inclusi, nessuno escluso. Attenzione. Non ci si accorge di questo problema collaterale finché non si ha bisogno di assistenza, ma non per questo il problema non esiste.
2) Prima di gennaio, probabilmente quasi nessuno aveva mai sentito pronunciare la parola “coronavirus”. L’argomento generale non è una novità: i primi ceppi di coronavirus in grado di infettare gli esseri umani sono stati studiati 50 anni fa. Agli effetti sono i principali responsabili dei comuni raffreddori. Alcuni ceppi, noti dal 2003, possono comportare severe complicanze respiratorie. Cosa differenzia questo ultimo nuovo arrivato, denominato “SARS-CoV-2”, dai più comuni ceppi influenzali? Le differenze sono sostanzialmente due: è NUOVO, e può comportare severe complicanze respiratorie. Tra le due, la più grave è la prima. Un virus nuovo è un virus ignoto a ogni sistema immunitario. Chiunque è infettabile: non esiste copertura vaccinale, non esiste immunità acquisita per infezione pregressa. Ciò espone il mondo intero a una possibile pandemia, la cui espressione nel tempo e nello spazio è sostanzialmente imprevedibile.
3) Uno degli aspetti più affascinanti dei virus è il loro meccanismo di replicazione, che non può avvenire in maniera indipendente, dunque “sfrutta” le nostre cellule. Durante questo procedimento in cui il virus copia se stesso, accadono degli errori. Questo significa che una copia del virus non è perfettamente identica a quella precedente. Alcuni virus tendono a rimanere assai stabili, mentre altri virus (i coronavirus in primis) tendono a mutare più facilmente e rapidamente, dunque la permanenza del virus nell’ospite promuove piccole e progressive variazioni (“mutazioni”) nel patrimonio genetico del virus stesso.
Ciò determina una conseguenza importantissima: quando siamo infetti e contagiamo una persona, passiamo un virus che può essere leggermente DIVERSO da quello che abbiamo inizialmente contratto.
Ora: immaginate di acquistare una copia manoscritta della “Divina Commedia”. Immaginate di trascriverla a mano e donarla a un amico. Se per disattenzione “selva oscura” diventasse “selva scura”, tutto sommato l’effetto non varierebbe di molto. Se invece “l’amor che move il sole” diventasse “l’amor che move il sale”, beh allora nel prossimo lettore potrebbe esserci qualche conseguenza più seria.
Si perdoni questo sciocco esempio per passare un concetto importante: una variazione, per quanto possa essere piccola, può determinare conseguenze importanti.
Un virus fortemente predisposto alle mutazioni, pertanto, è un generatore di casini imprevedibili per eccellenza. Orbene: la letteratura medica suggerisce che, di norma, un virus cerca di cambiare “aspetto” per essere in equilibrio con il sistema immunitario ospite, che continua ad aggredirlo. E’ un dannato trasformista. Conseguenze? Principalmente tre. Vediamole.
4) Prima conseguenza della mutazione virale è l’impossibilità di prevedere con precisione gli effetti della malattia nel tempo e nello spazio, mentre il contagio procede, persona dopo persona, settimana dopo settimana, città dopo città, stato dopo stato, continente dopo continente. I principali centri di ricerca cercano di “inseguire” le catene di mutazione, isolandoli nei pazienti e sequenziandone il genoma (qui lo stato dell’arte per il Covid-19: https://www.gisaid.org/epiflu-applications/next-hcov-19-app). Ogni “bit” diverso, potenzialmente, può determinare conseguenze diverse nell’ospite infettato. Quali? Non si sa. Si può ipotizzare, serve molta ricerca, servono moltissimi dati. L’evidenza scientifica, ad oggi, sembra mostrare genomi ancora abbastanza simili ai primissimi isolati in Cina, anche se qualche ricercatore ha notato che alcune piccole mutazioni su una specifica proteina possono aumentare in modo consistente la facilità di aggressione dell’organismo, in particolare delle cellule nelle basse vie respiratorie. Per questa ragione quando leggete “paziente infetto da coronavirus” … beh, non si può sapere quali dannate sequenze di RNA caratterizzino la specifica carica virale che l’ha contagiato. Dipende! E' affidato al caso. Questo fatto, con ogni probabilità, comporta che lo spettro dei possibili sintomi, pur con alcuni denominatori comuni, sia abbastanza complesso e soprattutto variabile in severità.
5) Seconda conseguenza della mutazione virale è l’adattamento all’ospite. Più un virus è in grado di mutare rapidamente, più l’ospite fatica a debellarlo. Il quadro sintomatico solitamente osserva cicli progressivi di guarigione e nuovo leggero peggioramento. Man mano che l’organismo riesce a produrre anticorpi specifici, il virus cambia un poco il suo abito e dunque può necessitare di una nuova risposta anticorpale e soprattutto può riuscire ad attaccare altre cellule in altri organi (anche se, di solito, con sintomi via via più lievi). La guarigione completa è dunque un processo molto articolato, che passa per più stadi successivi di convalescenza, nei quali l’ospite continua ad avere ancora in corpo una blanda infiammazione di origine virale. E tecnicamente l’ospite può ancora essere contagioso (seppur con minore efficacia), benché la presenza del virus (es. a classico tampone naso-faringeo) non sia più individuabile da un bel pezzo.
6) Terza conseguenza della mutazione virale è l’espressione di forte variabilità nella malattia da individuo a individuo. Più un virus ha la tendenza al “trasformismo”, più svilupperà piccole differenze nelle sue proteine più importanti (quelle che usa per “scardinare” le cellule), più sarà evidenziata la naturale variabilità genetica della popolazione, ossia: a seconda dei casi (quale RNA virale – quali sfumature genetiche dell’ospite), qualche persona sarà un ospite più facilmente devastabile, mentre qualcun altro sarà un osso molto più duro. E questo, attenzione, a parità di età. In questo caso specifico, diversi studi mettono in guardia sull’enorme numero di pazienti asintomatici (o quasi asintomatici) nei quali è stata confermata la presenza del Covid-19. In alcuni articoli si arriva addirittura a citare il 65% di quasi-asintomatici (generici sintomi para-influenzali). Potete ben capire che un numero così elevato comporta una conseguenza facilmente immaginabile: un esercito di italiani ha già contratto il patogeno, i primi già da gennaio (o forse ancora prima), senza essersene sostanzialmente accorto. L’epidemia ha potuto procedere sottotraccia, finché ha palesato il problema in tutta la sua gravità quando i numeri sono cresciuti esponenzialmente e l’evidenza ha raggiunto misure non più equivocabili per “generica complicanza influenzale”.
Col senno di poi, diversi medici in alcune province lombarde ricordano di “strane polmoniti virali”, per le quali i primissimi casi, ancora non confermabili ufficialmente, potrebbero addirittura essere ridatati a dicembre. Bisognerà attendere per conferme.
7) In forza a quanto sopra espresso, e in virtù del fatto che le direttive del SSN non hanno disposto tamponi casuali a tappeto (cioè a prescindere dallo stato di salute) né hanno avuto modo di effettuare controlli alla stragrande maggioranza di tutti coloro che hanno manifestato solo sintomi lievi e non hanno richiesto assistenza (né tantomeno agli ignari asintomatici), il numero ufficiale di “contagiati”, basato sui soli tamponi effettuati, è sostanzialmente privo di significato epidemiologico, nel senso che non è in grado di fornire un quadro reale degli infettati in valore assoluto, ma solo della sua eventuale progressione nel tempo. Alcuni virologi stimano una sottostima fino a 2 o addirittura 3 ordini di grandezza (in poche parole, si dovrebbero aggiungere fino a tre zeri). Detto in altre parole, per ogni tampone positivo ci sarebbero verosimilmente altre centinaia di persone che hanno già contratto il virus ma o hanno sviluppato sintomi lievi (o nessun sintomo) oppure hanno avuto un decorso influenzale nel proprio domicilio, senza complicanze, senza necessità di assistenza. Ben inteso: questo dato NON deve assolutamente sminuire la portata della pandemia, che è oltremodo devastante, ma può essere molto utile a ragionare il problema con maggiore consapevolezza.
A questa osservazione è necessario aggiungere che un numero non trascurabile di pazienti ricoverati in condizioni critiche, con quadro del tutto compatibile con la complicanza tipica della malattia – polmonite interstiziale bilaterale – sono risultati negativi al tampone (dunque falsi negativi). Ad ogni modo, a prescindere dal monitoraggio della pandemia (che dunque è estremamente complesso), la direzione è quella di predisporre ogni risorsa immaginabile per essere pronti a curare il maggior numero di persone, sperando che il numero di ricoveri cali il più rapidamente possibile.
8) Sulla base delle evidenze sopra esposte, seguono alcune considerazioni di buon senso:
- tanto più che non possiamo oggettivamente sapere di essere (stati) infettati, e addirittura potremmo avere già superato la malattia in completa indifferenza pur essendo ancora contagiosi, è quanto mai opportuno osservare scrupolosamente le norme di contenimento in atto per cercare di rallentare, per quanto possibile e il più possibile, il decorso complessivo del contagio;
- le categorie più a rischio, com’è noto, sono gli anziani, specie se con patologie pregresse. E’ opportuno dirottare ogni nostra risorsa per aiutarle e consentire loro la minore interazione sociale possibile (anche con chi non presenta sintomi). ll nostro Paese recepisce l’enorme valore etico di curare TUTTI i cittadini, indistintamente e gratuitamente, dal bimbo all’ultracentenario. Ogni vita è preziosa. In questo siamo i primi al mondo. Dobbiamo esserne orgogliosi.
- Chiunque abbia in corso una forma influenzale o simil-influenzale, anche con sintomi estremamente lievi, osservi la massima cura di sé e cerchi di ridurre al minimo le interazioni sociali. Tradotto, per i giovani: non fate cazzate trascurandovi o peggio uscendo di casa, perché “tanto ho solo un mal di gola”. La complicanza non guarda in faccia a nessuno. Il fatto che la degenerazione in polmonite grave sia molto più rara nei giovani, non vi autorizza a cercarvela a tutti i costi in strafottenza, mettendo peraltro a rischio la salute di chiunque incontriate nel frattempo.
- Per chi è “recluso” in casa 24h su 24: abbiate cura della vostra mente, oltre al vostro corpo. Sono giorni complicati, di privazione, in cui è necessario uno sforzo non indifferente per mantenere un sano equilibrio mentale. Cercate, per quanto possibile, di programmarvi le giornate anzitempo. Non abbandonatevi al nulla e, per chi non può avere contatti fisici coi propri cari, sfruttate l’enorme vantaggio offerto dalle tecnologie (videochiamate, etc.). Le difficoltà più grandi si superano insieme.
Fonti:
1. Fung and Liu, (2019) - Human coronavirus: host-pathogen interaction. Annu. Rev. Microbiol., 73 (2019), pp. 529-557
2. Phan, Tung. (2020) - Genetic diversity and evolution of SARS-CoV-2. Infection, Genetics and Evolution. 81. 104260. 10.1016/j.meegid.2020.104260.
3. Cao, Yanan et.al. (2020) - Comparative genetic analysis of the novel coronavirus (2019-nCoV/SARS-CoV-2) receptor ACE2 in different populations. Cell Discovery. 6. 11. 10.1038/s41421-020-0147-1.
4. Yair Cardenas-Conejo et.al. (2020) - Exclusive 42 amino acid signature in pp1ab protein provides insights into the evolutive history of the 2019 novel human-pathogenic coronavirus (SARS-CoV2).
5. Lu R, Zhao X, Li J, et al. (2020) - Genomic characterisation and epidemiology of 2019 novel coronavirus: implications for virus origins and receptor binding. Lancet 2020;395:565-574"