Viaggio in sud America
dal 06/01 al 07/02 /2009
con il patrocinio della sottosezione Cai di Ponte San Pietro
Aconcagua
Si parte
Per risparmiare sul viaggio, prendiamo un' offerta Iberia con partenza il sei di gennaio. Giorno infausto per gli aeroporti del nord Italia, bufere di neve e ritardi, partiamo quel giorno. Arrivati a Buenos Aires, mancano i bagagli così siamo bloccati per la montagna; i responsabili dell’Iberia ci consigliano di proseguire il viaggio ed all’arrivo dei bagagli provvederanno loro a consegnarceli a Mendoza. Andiamo al Terminal de buses de Retiro, prenotiamo la partenza per Mendoza il giorno stesso ci facciamo un giretto per Baires : un ottimo ristorante -tutto alla griglia-, carne squisita, vino ottimo, una bella passeggiata su viali pedonali; ci si guarda intorno è tutto bello, è una metropoli come Milano ma è diversa gaia festosa, senza stress. Il bus per Mendoza ci aspetta, partiamo alle otto di sera ed arriviamo a Mendoza alle nove del mattino. All’arrivo ci aspetta un conoscente: con la sua auto ci porta in città alla ricerca di un albergo. Pensava di portarci in un ostello o alberghetto di periferia, ma viste le nostre facce non condiscendenti si è fermato al Grand’Hotel Mendoza, a due passi dal Paseo -la via pedonale del centro città. Il giorno dopo chiamiamo Baires per i bagagli: ci informano che anche in Spagna ci sono bufere di neve ed aeroporti bloccati e ci vorrà una settimana. Il nostro programma era di andare in Aconcagua poi andare in Cile nel deserto di Atacama ed il Salar di Atacama, poi si sarebbe rientrati in Argentina per andare alla cascata di Iguazù, quindi rientrare a Baires e volare in Italia.
Il secondo giorno di permanenza a Mendoza decidiamo di partire per Santiago del Cile, inutile stare a Mendoza ad aspettare i bagagli. Il mattino dopo in bus partiamo, circa nove ore di viaggio, km 365. In questi giorni c’è la Parigi - Dakar, spostata in sud America per motivi di sicurezza, passa per Mendoza - Santiago; alla frontiera troviamo una lunga fila di auto, perdiamo alcune ore per le formalità.
La strada che va verso il Cile passa per il parco Aconcagua, Penitentes e Ponte dell’Incas, luoghi dove soggiorneremo fra alcuni giorni; nel pomeriggio siamo a Santiago. Pernottiamo all’hotel Tour Bus; hotel della maggiore impresa di autobus del Cile, posizionato al terzo piano del Terminal de buses con accesso diretto alla metropolitana.
Ci fermiamo due notti e due giorni in cui visitiamo la città, il centro storico, il cerro Santa Lucia da cui si domina tutta la città. A parte questo è una città metropolitana come le nostre ma con usi e costumi diversi dai nostri.
Il paseo - questo largo viale pedonale dove si vede tutta la nazione guardando le persone che si incrociano camminando, dall’indio al meticcio all’europeo naturalizzato-, poi questo senso civico dei suoi abitanti, tutti gentili e rispettosi delle regole con tutti; la cattedrale di San Francisco, l’immancabile Plaza de Armas -in tutte le città con dominio spagnolo esiste questa piazza.
Programmiamo la trasferta a Valparaiso, basta il nome per descrivere la città. Una cittadina appoggiata su quattordici colli in un arco naturale che declina verso il mare ed un magnifico porto, il primo fondato in Cile da Pedro de Valdivia ,il conquistatore del Cile.
Non facciamo in tempo: una telefonata ci avverte dell’arrivo dei bagagli a Baires per il giorno dopo. Si riparte in fretta per Mendoza in autobus, impieghiamo tre giorni per tornare a Baires, recuperare i bagagli e tornare a Mendoza dove corriamo a fare il permesso per l’ingresso al parco, cosa abbastanza facile: si va al secondo piano dell’ufficio turistico vicino al paseo, ci danno il vaglia da compilare per poi andare al loro ufficio dove si pagano i tributi.
E' una specie di ufficio postale, il più vicino è di fronte all’ingresso dell’hotel Mendoza; una volta fatto il versamento pari a cinquecento dollari in pesos argentini si ritorna all’ufficio turistico con la ricevuta del versamento e loro ti danno il permesso d’ingresso al parco per la salita all’ Aconcagua. Il tutto nel raggio di cinquecento metri, un'ora e mezza per il tutto. Il permesso ha validità di 20 giorni dal giorno in cui si entra al parco -dove si viene registrati ed opposto il timbro sul permesso d’ingresso- e da lì partono i 20 giorni di permesso. Partiamo con il nostro amico di Mendoza, con la sua auto ci porta a Puente dell’Incas alla caserma dei Casadores delle Ande di cui è stato comandante anni addietro. Nel pomeriggio visita al ponte dell'Incas ed al cimitero degli andinisti deceduti nel salire L’Aconcagua; facciamo mezza pensione in caserma. La mattina successiva saliamo un cerro di 4200 metri sopra Ponte dell’Incas; altro pernottamento in caserma.
Al mattino spediamo con la mula il materiale alpinistico al rifugio Aconcagua a Plaza de Mulas e noi ci facciamo dare un passaggio a pagamento dal proprietario del bar chiosco ristoro di fronte alla caserma, persona molto gentile ed esperta essendo stato la prima guida dell’Aconcagua; ora è in pensione, ma per qualsiasi necessità -dalla bomboletta del gas al pernottamento alla mula per il trasporto materiali- saprà dare valide indicazioni.
Ci accompagna in auto noi ed i nostri zaini con tende e sacchi a pelo nonché i viveri per i due giorni di salita fino a Plaza de Mulas. Per informazione abbiamo pagato 20 pesos in tre per il passaggio da Penitentes all’ingresso del parco, sono circa 6 km . Timbriamo i permessi d’ingresso al parco presso il l’ufficio dei guardia parco e con molta calma e passo turistico partiamo per Confluencia: tre ore e mezza di salita aggirando la laguna Horcone, facendo fotografie alle varie carovane di mule in salita e discesa da Plaza De Mulas. A Confluencia ci presentiamo al guardia parco per registrare il passaggio ed andiamo dal medico; non è obbligatorio però una visita fa sempre bene: ci ha raccomanda di bere molta acqua -almeno 4 litri al giorno-, poiché il microclima dell’Aconcagua ha un'aria molto secca, quindi si deve bere per compensare i liquidi che si perdono con la respirazione.
Montiamo le nostre tende nello spazio riservato a chi sale senza l’appoggio delle agenzie. La sera nel guardare il sole tramontare dietro le montagne ci viene offerto uno splendido tramonto, un susseguirsi di esplosioni, rosse, arancioni e viola. Il giorno seguente partiamo per Plaza de Mulas, 1400 metri di dislivello: impieghiamo otto ore, si inizia con il perdere quota circa 150 metri per attraversare il torrente, se ne va un'ora tra discesa e salita per ritrovarsi nello stesso punto al di là del torrente, poi segue la lunga camminata per Plaza: larga, battuta dal vento e polvere, anche con il sole serve coprirsi bene. Segue Plaza Chica, sempre in piano o leggera salita, ed infine la Costa Brava; dopo cinque ore di sole si gira vero nord e si inizia a salire: un calvario, cambia il tempo -vento freddo, pioviggina ed infine raggiunta Plaza de Mulas, nevica: poco, ma le palline di dura neve danno molto fastidio.
Qui la prima cosa da fare è presentarsi all’ingresso dai guardia parco e farsi registrare, poi passare per la visita medica di controllo; se tutto va bene ci si avvia alla propria destinazione, per noi il rifugio Aconcagua, ancora 20 minuti di cammino, un torrente da attraversare con ponte e relativa scala di legno per risalire l’argine opposto, dei penitentes da attraversare (tratto di nevaio con omini di ghiaccio ) ed arrivo al rifugio.
Facciamo la mezza pensione per sessanta dollari al giorno (camera da 4 senza bagno né riscaldamento ). Il rifugio è grande e riscaldarlo a quella quota costerebbe un patrimonio; durante il giorno si sta con felpa e pile, la sera è bene avere un duvet sulle spalle; per dormire letti con coperte, ma è meglio il sacco pelo. A differenza di chi pernotta nelle tende qui si può girare per il rifugio, usufruire della sala mensa molto grande per passare le giornate di riposo senza essere esposti al vento o altre intemperie per gli spostamenti.
Un giorno di riposo, poi partiamo per nido de Condores
situato a 5380 mt, salita e discesa in giornata; di seguito giorno di riposo. Il giorno seguente partiamo con tutto l’occorrente per la salita alla vetta, prima tappa Nido de Condores; montiamo le due tende e pernottiamo.
Il giorno dopo lasciamo una tenda montata a Nido de Condores e con l’altra ci avviamo a campo Berlin, 5780 m; poche ore di salita, vi è un piccolo rifugio in legno dove ci stanno otto-dieci persone a dormire. Ennio ci passa la notte: era da solo ed ha dormito benissimo, meglio che in tenda: senza sforzi montiamo la tenda ed aspettiamo il giorno dopo per la salita.
Oggi giorno del tentativo alla vetta, tempo bello, sole e vento forte. Partiamo alle sette del mattino. Temperatura circa trenta sotto zero. Iniziamo a salire di quota, abbiamo davanti molte cordate; dopo alcune ore di cammino sempre sotto le sferzate del vento alcune cordate iniziano a scendere per subentrati problemi (freddo, difficoltà di respirazione o altro).
Arriviamo a Campo Indipendencia ed anche le ultime cordate che ci precedono invertono il senso di marcia e scendono; siamo rimasti soli: che fare...fa freddo ma siamo ben coperti. Fisicamente siamo a posto, il tempo si mantiene buono quindi decidiamo di proseguire; affrontiamo la salita del Portezuolo del Viento, scolliniamo e siamo sul traverso, il vento aumenta d’intensità.
Cammino con il viso girato controvento e di traverso rispetto alla salita, vedo il mio amico cadere sotto la sferzata, si rialza e dopo alcuni metri cade ancora ma insiste nel salire e pian piano con molto affanno arriviamo alla spalla sotto la canaleta: qui la salita per raggiungere la canaleta si fa sentire, ogni passo mi costa due respiri.
Con molta calma e contando uno due muovo la gamba per fare il passo e salire cosi fino alla base della canaleta: qui sono appoggiati degli zaini, segno che c’è qualcuno in vetta; dopo poco tempo incontro sei tedeschi che scendono dalla vetta, io ho ancora duecento metri di dislivello da salire.
La canaleta è coperta da neve dura e la salita non presenta difficoltà tecniche, solo la quota si fa sentire: non bastano più due respiri profondi per muover la gamba, ne faccio tre -sento la gola arida, bevo del tè ma dopo pochi passi sono ancora arido cosi proseguo, verso la metà della canaleta sento di non farcela a continuare; mi siedo cerco di riprendere fiato, spoglio lo zaino lascio lì la videocamera, mangio mezza barretta l’altra metà la butto non riesco a mandarla giù, metto in tasca la borraccia del tè e riparto.
Faccio ancora 150 metri di dislivello e sono in vetta: lì mi sdraio sulla roccia ed inizio a sbattere gambe e braccia, come la fine di una tensione per scaricare quella concentrazione che mi ha sostenuto fino alla vetta; due minuti, un abbraccio con i compagni di salita Ennio e Giovanni : ammiriamo il panorama, guardiamo il cielo, per 30/40 km attorno all’Aconcagua c’è sereno limpido, pìù oltre un barriera di nuvole, giornata splendida. Si fanno le fotografie in due in tre con l’autoscatto.
La discesa non presenta difficoltà, anche il vento è diminuito; in poco tempo raggiungo lo zaino, altra sosta e poi giù alla spalla. Scendere è un sogno, quello che ho fatto in salita con ore di sofferenza ora lo discendo senza difficoltà; arrivo al traverso, piccola sosta, beviamo ancora quello che è rimasto nei thermos.
Giovanni riparte per primo ed in pochi minuti è già a metà traverso; quello che in salita ha richiesto un'ora e mezza di dolore ora in un quarto d’ora è disceso. Il tempo è stabile, è calato il vento; scendiamo ognuno con il suo passo e siamo a campo Indipendencia molto stanchi e provati dalla salita.
Ora -persa la concentrazione della salita-, la stanchezza si fa sentire; continuiamo a scendere , un amico è molto stanco l’altro lo avvicina ed io mi avvio al campo Berlin con l’intento di preparare i thermos con il tè.
Di fronte al campo Berlin vi è un'altura rocciosa che lo nasconde alla vista dall’alto; ci sono due sentieri di salita all’Aconcagua: uno passa a destra ed uno a sinistra dell’altura, al mattino abbiamo preso quello di sinistra ed a scendere ho preso quello di destra. Quando sono arrivato in vista del campo dall’alto cambiando la prospettiva non lo riconoscevo, ne vedevo solo una parte e la nostra tenda e la casina di legno erano ancora nascoste dall’altura. Mi è preso uno sconforto... non riuscivo ad andare avanti né indietro, cosa fare... quello per me non era campo Berlin... ho cercato di avvisare gli amici per radio ma la loro era spenta -tornare indietro fino al bivio, alcune centinaia di metri in alto, non ne avevo la forza; così seduto mi son detto: arrivato giù al campo chiederò ospitalità in qualche tenda, non possono lasciarmi fuori la notte: e così mi sono avviato verso le tende, all’ennesima svolta del sentiero si è allargata la visuale ed ho visto la casina e la nostra tenda, diversa dalle altre per forma e colore: le altre delle varie agenzie tutte uguali, dei tubi gialli alti un metro, ottime tende di alta quota, la nostra un igloo di un metro e trenta color nocciola con inserti grigi . Ho tirato un grosso sospiro di sollievo: campo Berlin!
Appena in tenda ho acceso i fornelli e per tre ore di seguito ho sciolto neve e passato thermos che si vuotavano in pochi attimi.
Altro pernottamento ed il giorno successivo l’abbiamo presa comoda dormendo fino alle otto, anche se scomodi in tre nella tendina da due (la casina in legno era occupata dai portatori); ancora sciogliere neve, per la colazione due biscotti e due caramelle.
E' una bella giornata con molto vento -la tenda sbatte in continuazione; ben coperti ci guardiamo attorno e vediamo molta gente partita la mattino alle quattro ritornare al campo, facciamo due parole cerchiamo di capire cosa succede perché ritornano e quello che si riesce a capire è che c’è vento molto forte in quota, freddo intenso -più di ieri-, perciò stanno tornando tutti alle tende.
Mentre parliamo la nostra tenda sotto l’ennesima sferzata di vento inizia a lacerarsi, subito la smontiamo ma ormai il danno è fatto, si è rotta un'astina di sostegno ed ha lacerato il tessuto; lo strappo non è grande ma lasciarla al vento avrebbe voluto dire che in pochi minuti sarebbe andata in brandelli.
Riempiamo gli zaini e scendiamo a Nido de Condores, recuperiamo l’altra tenda ancora intatta e giù ancora verso Plaza de Mulas. Sono poco più di mille metri di dislivello ma la stanchezza è enorme ed ogni pochi minuti mi siedo in terra, mi guardo indietro e vedo l’Aconcagua, la cumbre: con refoli di neve sospinti dal vento, oggi è una giornata no per la cumbre. Verso metà pomeriggio arriviamo a Plaza de Mulas: è da ieri mattina che sto in piedi con due barrette alcuni biscotti ed un paio di caramelle, ora la fame si fa sentire; qui al campo c’è una tenda che fa da piccolo ristorante, ci sediamo su delle sedie di plastica ed aspettiamo che arrivi qualcuno. Dopo dieci minuti di attesa ed alcune grida, il qualcuno si sveglia e viene a prendere l’ordinazione: un panino a 4 strati ed una birra fresca - al ristoro ci rimettono in sesto. Fatto questo, ancora venti minuti di zaino in spalla e per sera siamo al rifugio esausti ma soddisfatti.
All’ingresso del rifugio incontro il gestore nonché guida per l’Aconcagua, mi chiede “Salita la cumbre?” gli rispondo di sì; chiede “Todos?” - sì todos, fa una faccia perplessa...la sera dopo cena gli mostriamo le fotografie e sparisce ogni dubbio. Di regola chi sale la vetta la sera festeggia con bottiglie di vino e anche noi siamo stati alle regole; la sera eravamo soltanto in otto a cena (tutti gli altri ospiti del rifugio erano scesi): noi tre, altri tre spagnoli che hanno tentato la vetta lo stesso giorno ed hanno desistito -due per il freddo e l’altro ha perso gli occhiali- e due ragazzi inglesi appena arrivati.
Il giorno seguente siamo partiti mandando a valle il bagaglio con la mula richiesta al rifugio; tappa a Confluencia per dissetarsi al campo tende del rifugio -tutto compreso nel prezzo del noleggio mula, 120 dollari.
All’arrivo a Laguna Horcones facciamo registrare l’uscita al posto di controllo dei guardia parco; lì c’erano i nostri bagagli e la jeep del rifugio per portarci a Puente dell’Incas.
Sono le 18.00, un panino e birra al chiosco della guida, alle 20.00 con l’autobus di linea partiamo per Mendoza; arriviamo alle 24.00 in taxi all'hotel Mendoza. Il viaggio continua...passiamo ancora un giorno a Mendoza per riposare e salutare l’amico argentino con una bella festa al ristorante. Il giorno seguente si parte in bus per Bariloche, tutto il giorno in autobus: 950 km passati al piano superiore del bus con i posti in prima fila, è un piacere guardare attorno; fatte diverse soste nei vari terminal, contatto con le persone locali: vita diversa al di fuori dei luoghi turistici, campagne immense, coltivazioni di cereali di cui non si vede la fine poi, le mandrie e pian piano il cambio di colore: da verde rigoglioso alla bassa vegetazione e pian piano fino ai bassi cespugli della Patagonia, l’arrivo alla regione dei laghi tra Neuchen e Bariloche; altro cambio di colore, i boschi di Coihue e Lenga, molta acqua -laghi a non finire uno dopo l’altro.
Mentre si scende a Piedra de Algula panorami forti ed intensi, da zone semi desertiche a boschi sempreverdi, quindi l’ arrivo a Bariloche, bellissima cittadina sul lago Nahuel Huapi.
Andiamo ad alloggiare alla Posada del sol, situata in centro città a due passi dalla via principale, posto tranquillo.
La sera andiamo a cena in un ristorante tipico: tutto alla griglia, carne a volontà.
Il giorno dopo noleggiamo un'auto e partiamo per Puerto Montt in Chile, 150 km per arrivare alla frontiera de Pajaritos passando da Villa Angostura ed altri 150 per Puerto Montt, bella cittadina più che altro conosciuta per via delle navi passeggeri che partono per la Patagonia.
Qui finisce la strada del sud del Cile: si prosegue solo via mare per visitare la Laguna San Rafael, Puerto Natales e Punta Arenas nella Terra del fuoco. Il nostro nuovo programma era di risalire il Cile fino a Santiago ed in auto raggiungere Buenos Aires ma ahimè, la macchina presa a noleggio si è rotta a Puerto Varas, quindi pernottamento alla Casita Azul -un ostello consigliabile a chiunque voglia passare da quelle parti per gentilezza e pulizia, nonchè un ambiente accogliente e gradevole.
Il giorno seguente arriva la nuova auto dall’Argentina. Abbiamo perso delle giornate perciò non è attuabile il programma prefissato; si rientra in Argentina per la frontiera di Pajaritos.
Ci fermiamo a Villa Angostura per la notte,un buon hotel con prezzi modici, ed andiamo in un buon ristorante.
A Villa Angostura c’è solo l’imbarazzo della scelta: ve ne sono a decine essendo una località turistica molto frequentata, adagiata su una lingua di terra che divide due laghi in mezzo a boschi con alle spalle delle montagne; c’è spazio per tutti gli sport, dallo sci acquatico allo sci alpino, certi luoghi sono un piacere per gli occhi. La mattina seguente partiamo per Bariloche, torniamo alla Posada del Sol; nel pomeriggio andiamo al Cerro Oto da dove si ha una vista sulla città e tutti i laghi che la circondano, quindi andiamo alla Colonia Suissa per degustare un piatto tipico, il Curancio: carne e verdure cotte sotto uno strato di terra, il tutto fatto al momento sotto gli occhi dei clienti -buono, cosa insolita da provare e prezzi buoni...argentini.
L’indomani gli amici partono per Baires in aereo, il giorno dopo saranno a Milano.
Li lascio all’aeroporto di Bariloche: poi in auto parto verso la Patagonia. Ma questa è un'altra storia.
VITO VARI
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