Armando Carpenedo - Frate Francescano

Vangelo di Giovanni 18,33b-37
In quel tempo, 33 Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?» 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?» 35 Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?»
36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?» Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Fuori regno
Per visitare il pianeta terra, per incarnarsi tra gli uomini, Gesù, il Re, è stato costretto a lasciare il suo regno e a entrare nel regno di qualcun altro. Quando Gesù Re ha vissuto sulla terra, ha vissuto fuori dal suo regno, anche se tutto della terra e dei multiversi è suo, e nulla di ciò che esiste è stato creato senza di lui. Tutto appartiene alla regalità di Gesù ma nessuno dei re della terra appartiene al regno di Gesù, nessun re della terra ha difeso Gesù, perché Gesù non appartiene ai regni della terra e i re della terra non appartengono al regno di Gesù. I re della terra non sono connessi al regno di Dio, sono connessi al dominio di un altro re-principe, il principe delle tenebre, il signore dell’inganno, Lucifero.
I regni della terra e i re della terra, indipendentemente dal periodo storico che hanno attraversato, dal nome che portano, dalle insegne che li contraddistinguono, non appartengono in nulla e per nulla al regno di Gesù. I re della terra combattono sempre Gesù e tutto quello che Gesù rappresenta come pace, libertà, giustizia e benessere vero per tutti. I re della terra combattono Gesù perché lo temono, temono che lui, risvegliando i popoli attraverso la luce della conoscenza, porti via loro il potere e l’autorità, ma Gesù non combatte i re della terra, non li condurrà in un campo di battaglia. È il re-principe di questo mondo, Lucifero, a volere la battaglia, non Gesù il Re degli universi. Gesù ispira i cuori al cambiamento nella luce e nell’amore, e lascia il combattimento ad altri.
L’ispirazione che Gesù è venuto a portare cambierà tutto. Cambierà il mondo e lo cambierà da dentro, cambierà il modo di vivere, cambierà i desideri, le scelte, i progetti, cambierà ogni cosa e per sempre. L’ispirazione che Gesù è venuto a seminare nel cuore dei suoi figli farà nuove tutte le cose e i re della terra e il regno delle tenebre non potranno farci nulla. Gesù e i figli di Gesù non combattono, ispirano.
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Oggi la Chiesa ricorda quel momento in cui la piccola Maria ha dato completamente il suo cuore all' Altissimo. Santa Maria era piena di grazia e senza macchia di peccato fin dal primo momento della sua concezione nel seno della madre, Santa Anna. Ovviamente, Ella non era coscente di questo status, ma sì era pienamente coerente.
La tradizione cristiana è convinta che Maria, —essendo molto giovane—, decise di dedicarsi pienamente in corpo ed anima a Dio. Di fatto, questo fu il motivo un giorno come oggi, ma dell’anno 543 a Gerusalemme, è stata fatta la dedizione della chiesa di Santa Maria Novella.
Ecco i cammini di Dio!, spesso discreti e sempre efficaci. Nell'antichità era assolutamente impensabile che una ragazza non fosse data al matrimonio. Una ragazza "non sposata", da sola, era piuttosto sospetta del contrario da quello che Maria intendeva. Così allora le cose dello Spirito Santo! La giovane Maria fu sposata a Giuseppe. Senza dubbio, la Provvidenza Divina aveva preparato un uomo santo —lo immaginiamo anche giovane— capace di prendersi cura di Maria come “come Dio comanda”.
Non sappiamo come, ma possiamo supporre che Maria e Giuseppe avessero accettato di darsi completamente a Dio condividendo un “matrimonio verginale” (anche impensabile). Se non fosse in questo particolare percorso, come poteva essere protetta la verginità di Santa Maria? Sicuramente San Giuseppe era l'unico ragazzo ebraico in grado di accettare la missione di proteggere la verginità di Maria attraverso un matrimonio anche verginale. I due, come fratelli dedicati pienamente alla volontà di Dio.
Infine, risultò che questo particolare matrimonio —virginale— è stato lo strumento preciso che Dio preparò per “entrare” suo Figlio sulla terra «nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4). «Concepì Cristo per fede nel suo cuore prima di concepirlo fisicamente nel suo corpo». (S. Agostino). Anche noi, imitando Santa Maria, possiamo concepire Gesù nei nostri cuori per fede e obbedienza a Dio, poiché perché «chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre».
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Porta gioia
Gesù è la sorgente della gioia. Gesù è la via della gioia, la porta verso la gioia, è la gioia stessa nella sua infinita pienezza. Gesù porta gioia, conduce alla gioia. Dove passa Gesù scaturisce gioia. Quando Gesù entra nel cuore dell’uomo, splende la gioia. Dove non c’è gioia, significa che Gesù è rifiutato. Dove non si sviluppa gioia, significa che Gesù non è accolto. Dove non c’è spazio per Gesù, non c’è spazio per la gioia. Dove non c’è spazio per la gioia, non c’è spazio per Gesù. Chi prega Gesù, e non è nella gioia, non sta pregando Gesù. Chi si consacra a Gesù, ma non vive nella gioia, non si è consacrato a Gesù. Chi crede in Gesù, e non sviluppa gioia nel suo cuore, non crede in Gesù. Chi si affida a Gesù, ma non è nella gioia, non si affida a Gesù. Chi annuncia Gesù ma non è nella gioia non annuncia Gesù. Chi accoglie Gesù e il suo messaggio non può essere triste. L’incontro con Gesù genera in Zaccheo, che lo accoglie, splendida gioia nel cuore. L’incontro con Gesù genera in tutti gli altri, che non lo accolgono, mormorazione, stizza, fastidio, indignazione. Gli uomini che rifiutano Gesù, che sono ostili a Gesù, che vivono lontani da Gesù, non sono nemici di Gesù, sono solo uomini tristi, che non conoscono la gioia e la felicità. Chi non accoglie Gesù e il suo messaggio non rifiuta solo Gesù ma ogni possibilità su questo pianeta di essere felice.
Per vivere la gioia non è l’uomo che deve entrare nel messaggio di Gesù, ma è il messaggio di Gesù che deve entrare nel cuore e nell’intelligenza dell’uomo. La rinascita di Zaccheo è iniziata nel momento in cui, per vedere Gesù, è salito sul sicomòro, ma il paradiso di Zaccheo è iniziato nell’istante in cui Gesù, alzando lo sguardo, gli ha detto: Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. Il paradiso inizia quando l’uomo lascia entrare Gesù completamente nella casa del proprio cuore. Da quel momento Zaccheo ha avuto il paradiso in casa, nel cuore, e in ogni fibra della sua persona, perché dove entra Gesù entra la gioia e dove entra la gioia entra il paradiso, il paradiso di Dio.
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Almeno
Almeno a quei tempi, Signore,
qualcuno, anche se cieco, riusciva a vederti,
e a riconoscerti come il Figlio di Dio.
Almeno a quei tempi, Signore,
qualcuno aveva il coraggio, il sacro timore,
la fede per gridare a te, e implorare
guarigione, salute e salvezza con tutta la forza del cuore.
Almeno a quei tempi, Signore,
qualcuno c’era che sapeva urlare a te, più forte,
più forte degli striduli rimproveri dei benpensanti,
più forte del fastidio dei moralisti,
più forte dell’irritazione degli uomini di religione,
più forte dell’immobilità degli uomini di politica.
Almeno a quei tempi, Signore,
qualcuno aveva il coraggio di essere cieco ma non stupido,
mendicante ma non schiavo,
povero ma non affogato nell’inedia,
emarginato ma non disperato.
Almeno a quei tempi, Signore,
qualcuno c’era che conosceva l’audacia della fede,
la magnifica vitalità del desiderio,
la potenza del momento presente.
Almeno a quei tempi, Signore,
qualcuno c’era che aveva orecchie così buone e raffinate
da riconoscere gli amorosi passi del Messia sulla terra.
Almeno a quei tempi, Signore,
qualcuno c’era che desiderava con tutto il cuore tornare a vedere,
rinascere, guarire, essere sano, libero e felice.
Almeno a quei tempi, Signore,
un cieco, in mezzo a tutta l’indifferenza, il coma spirituale,
l’ignoranza abissale di una città intera, aveva compreso
quanto amore e compassione infiniti, in Gesù,
stavano attraversando le strade di Gerico,
per salvare il mondo dalla paura e dalla tristezza.
Almeno a quei tempi, Signore,
qualcuno, un cieco, aveva percepito quanto tu desideri
che tutti gli uomini e le donne del pianeta
possano vivere nel benessere e nella gioia,
e a te, a te solo ha gridato:
Yeshua elèeson me, Salvatore, Sanatore, misericordiami.
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Stancarsi
Ciò che stanca non è la fatica.
È estenuante la mancanza di fiducia che si compie nella fatica. Debilita non credere nei propri sogni e desideri. Toglie energia far fatica senza amore. Fiacca far fatica solo per il contraccambio. Esaurisce la fatica fatta solo per interesse. Logora far fatica quando si è persa la motivazione. Sfibra far fatica senza gratitudine. Distrugge far fatica senza gioia. In una parola, consuma, distrugge, stanca far fatica senza fede.
Gesù invita tutti gli uomini e le donne di questa generazione a pregare sempre, sempre senza mai stancarsi, perché smettere la preghiera significa smettere di restare collegati con le vibrazioni e le frequenze di Dio e del suo amore.
Gesù non racconta questa parabola per ispirare a essere insistenti, perseveranti, ossessionanti, assillanti, asfissianti nella preghiera per strappare a un dio capriccioso e duro d’orecchi grazie e favori ma ispira a pregare sempre, senza mai stancarsi: è diverso, essenzialmente diverso.
Gesù insegna a pregare sempre per rimanere sempre in contatto con Dio, come un uomo respira sempre per rimanere in contatto con l’aria e con la vita. L’uomo non deve respirare con insistenza, con perseveranza, in modo ossessionante, assillante, asfissiante deve semplicemente respirare sempre e senza stancarsi mai.
Gesù ispira l’umanità a pregare sempre, senza stancarsi mai, e per non stancarsi mai di pregare non bisogna mai, mai, mai pensare male di Dio e del suo amore. Questo intende Gesù quando dice: ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? La fede è possibile solo e unicamente se non si usano mai le facoltà intellettuali per dubitare o pensare male di Dio, e solo se si resta perfettamente e costantemente in collegamento con lui.
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Nei giorni
Per mangiare non serve affatto consapevolezza, basta e avanza la fame.
Per bere non serve affatto consapevolezza, basta e avanza la sete.
Per creare legami non serve affatto consapevolezza, basta e avanza la paura di stare da soli.
Per vendere non serve affatto consapevolezza, basta e avanza l’avidità della ricchezza.
Per comprare non serve affatto consapevolezza, basta e avanza la sete di possedere.
Per piantare la semente nei campi non serve affatto consapevolezza, basta e avanza il bisogno di sicurezza e la paura che venga a mancare il cibo.
Per costruire non serve affatto consapevolezza, basta e avanza la fame di cose, possedimenti, potere, immagine.
Se per vivere queste realtà umane non serve affatto la consapevolezza, significa che, per crescere nella consapevolezza, non serve assolutamente a nulla mangiare, bere, creare legami, vendere, comprare, piantare, costruire.
Passare tutta la vita a procurarsi alimenti, legami, ricchezza, cose, case, sicurezza, potere, prestigio non serve a nulla per crescere nella consapevolezza e nemmeno per la sopravvivenza. La consapevolezza non è fare una cosa invece di un’altra, non è sapere cosa fare o non fare, consapevolezza è essere totalmente, completamente, integralmente, interamente in ciò che si fa, senza dubbi, tentennamenti, perfettamente centrati in se stessi. La consapevolezza è essere completamente in ciò che si compie, senza mai, mai, mai proiettarsi, ansiosi e disassati, verso il futuro o essere oppressi e incatenati al passato, senza mai compiere nulla di quello che si compie per il contraccambio, il possesso, l’avidità.
Chi è possessivo dimostra che non si fida assolutamente della vita, non si fida del fatto, che la vita possa provvedere anche a lui, possa aver cura di realizzare con amore e precisione tutti i suoi desideri di benessere e di felicità. Chi è possessivo negli affetti, nei legami, con le cose, con le case, il denaro, il potere, il successo, è come la moglie di Lot, è uno che si gira indietro rispetto alla vita, alla via della salvezza preparata dall’esistenza e si vuole organizzare un sistema di sicurezza alternativo, una garanzia di difesa distinta, una forma di protezione separata dalla vita, differenziata dal sistema energetico della vita. Più si cresce nella consapevolezza, più diventa naturale distaccarsi dalle cose e fidarsi della vita, e, nello stesso tempo, distaccarsi dalle cose e fidarsi con gratitudine della vita aiuta il cammino per raggiungere la consapevolezza. Nei giorni di Noè, nei giorni del diluvio, l’umanità è stata purificata dal suo stato di mortale inconsapevolezza, dalla sua autodistruttiva stupidità dalla potenza dell’acqua. Nei giorni di Lot, nei giorni di Sodoma e Gomorra, l’umanità è stata purificata dal suo stato di mortale inconsapevolezza, dalla sua autodistruttiva stupidità dalla potenza del fuoco e dello zolfo dal cielo. Nel giorno della venuta intermedia del Signore, in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà, l’umanità sarà purificata dal suo stato di mortale inconsapevolezza, dalla sua autodistruttiva stupidità, dalla potenza della gloria e dalla luce di colui che abita i cieli dei cieli.
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Salmo 22,1-3.5-6
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
1 Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
2 Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
3 Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
6 Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
Salmo 23,1-4.5-6
Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
1 Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
2 È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.
3 Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
4 Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.
5 Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
6 Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.
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Salmo 145,6-10
Loda il Signore, anima mia.
6 Il Signore rimane fedele per sempre,
7 rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
8 Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
9 il Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
10 Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.
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“Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello.” (1Giovanni 4,19-21)
E l’amore, si sa, non è solo una bella parola, da mostrare come fosse un soprammobile bello splendente. L’amore chiede di sporcarsi le mani, rimboccarsi le maniche e cingersi le vesti. Chiede pensieri ed azioni, un “abbigliarsi il cuore” – come disse la volpe al Piccolo Principe – che si riflette su ciò che si dice e si fa.
Ammantarsi di preghiere verso Dio e invece scostare il lembo del mantello, perché colui che sta al ciglio della strada non lo possa nemmeno sfiorare per chiedere aiuto, è invece il gesto di quel sacerdote e quel levita che si rifiutarono di prestare soccorso temendo di contaminarsi (Luca 10,25-37), quando invece la vera contaminazione che allontana da Dio non è la mano tesa verso il fratello di un altro colore o di un altro credo, bensì è quella di un cuore che si lascia intaccare dall’idea di un amore da dosare con un bilancino di precisione.
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(Mc 12, 28b-34)
Il primo comandamento è: Ascolta. Ossia, taci!
Non è: fare, credere, obbedire, dire, ma ascolta. Fai spazio, crea un vuoto dentro te dove tutto possa divenire possibile, perché l’Essere ti possa raggiungere.
Non dobbiamo fare nulla per Dio – tanto meno ‘olocausti e sacrifici’ (v. 33) – se non accogliere ciò che lui desidera compiere in noi.
Dio non lo si raggiunge, non lo si attira, non lo si convince, non lo si fa felice, non lo si accontenta.
Lo si ama, certo, ma solo aprendoci al suo amore per poi prendersi cura dell’altro, perché ‘la strada più breve per Dio passa dal fratello’.
I verbi relativi all’amore sono sempre al futuro: amerai.
Certo, perché amare è cosa lunga, s’impara lentamente. Ad amare non si finisce mai. È sempre un apprendistato. Non si dà meta nell’amore.
Purtroppo nei secoli questo futuro s’è trasformato in imperativo: ama!
Amare non può essere un dovere, ma una possibilità in via di compimento.
E potrai amare solo ‘come te stesso’, non più di te stesso. Sarebbe la dittatura del bene.
Ama come puoi, con ciò che sei. Ama con la tua storia, i tuoi limiti, le tue ferite, le tue ombre. Insomma, prima di amare qualcuno comincia ad amare te stesso. Non cercare di diventare migliore, ma sentiti amato da un Amore più grande per ciò che sei.
Perdonati, accogliti tutto, abbracciati tutto. Fai voto di vastità!
Solo così, potrai cominciare ad amare chi ti sta accanto, riversandovi il balsamo del bene, come un guaritore ferito.
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Salmo 41,2-3.5
L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.
2 Come la cerva anela
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela
a te, o Dio.
3 L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?
5 Avanzavo tra la folla,
la precedevo fino alla casa di Dio,
fra canti di gioia e di lode
di una moltitudine in festa.
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Salmi 1,1-5.6
Facciamoci imitatori di Dio, quali figli carissimi.
Oppure: Beato chi cammina nella legge del Signore.
1 Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
2 ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.
3 È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.
4 Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde.
6 Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.
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È ora
Nessuna generazione umana ha mai dormito così tanto come questa, si tratta di una sonnolenza intellettuale e spirituale incredibilmente pesante e smisuratamente estesa. Un sonno demotivante, oscurante, desostanziante, decentrante, ingannevole, artificioso ha fatto sì che l’uomo non sia più pronto, più pronto a niente. Le lampade della sapienza e della conoscenza sono state violentemente spente o abilmente coperte ovunque. Nel tempo in cui la crudele astuzia dei potenti si è assisa sul trono del potere tirannico, l’ignoranza ha alluvionato ogni angolo della terra, del cuore e della mente. Le vesti, cioè tutto quello di cui l’uomo ha bisogno e necessita affinché la sua vita sia agile, sana, serena, libera, sicura, sono diventate vesti appesantite da morali impedenti, intralcianti, impaccianti, ingombranti, perché piene zeppe di prescrizioni, norme, regolamenti, inutilmente voluminosi, perché ripieni di leggi, dogmi, doveri, tasse, controlli e controllori. Così pieni di sonno interiore, a luci spente e imbavagliati da vesti pesantissime, dove potranno mai andare gli uomini di questa generazione?
Non sarà facile svegliarsi da un sonno tale, ma vale la pena tentare, vale la pena provare a risvegliarsi e rimanere svegli per quando il Signore busserà alla porta dei cieli che sovrastano la terra.
Sì, prima della sua prossima visita alla terra, Gesù, il Signore, busserà, busserà alla porta. Si potrebbe dire che bussare alla porta sia un’azione simbolica? No, in questo caso niente simboli. Questa è una descrizione precisa di quello che accadrà. Il Signore si farà precedere dal suo bussare alla porta e la porta della terra sono i cieli che sovrastano il nostro pianeta. Il Signore busserà alla porta dei cieli che si affaccia sulla terra, e non ci sarà uomo o donna a cui non sarà chiaro ed evidente cosa starà per succedere. Non sarà facile svegliarsi dall’inganno, dal sonnambulismo intellettuale in cui l’umanità è caduta, ma è importante provarci. E come? Primo: desiderandolo, desiderandolo tanto, tutti i secondi, e trasformando il desiderio in preghiera umile e accorata, per implorare lo Spirito Paraclito che ci risvegli da dentro e ci faccia rinascere con tutto il suo vigore e la sua fantasia. Secondo: mantenendo una fede certissima in Dio qualsiasi cosa accada, per non pensare mai male di lui. Terzo: respirando, bevendo, mangiando sempre con gratitudine, continuamente, per tutto e qualsiasi cosa. Quarto: chiedendo e offrendo perdono, sempre. Queste le procedure per risvegliarsi dal sonno e dall’inganno e rimanere svegli, rimanere svegli almeno per dare il benvenuto al Signore degli universi nella sua venuta intermedia, un benvenuto caldo di amore e riconoscenza. Rimanere svegli almeno per dirgli tra lacrime di gioia: grazie, Signore, senza di te sognavamo di essere svegli, poi ci hai svegliato e solo allora abbiamo visto che stavamo dormendo. Grazie
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Il fiume dice all’uomo: non sono tuo, ma sèrviti,
l’uomo dice al fiume: sei mio, servimi.
L’oceano dice all’uomo: non sono tuo, ma sèrviti,
l’uomo dice all’oceano: sei mio, servimi.
La foresta dice all’uomo: non sono tua, ma sèrviti,
l’uomo dice alla foresta: sei mia, servimi.
L’albero dice all’uomo: non sono tuo, ma sèrviti,
l’uomo dice all’albero: sei mio, servimi.
La terra dice all’uomo: non sono tua, ma sèrviti,
l’uomo dice alla terra: sei mia, servimi.
Il corpo dice all’uomo: non sono tuo, ma sèrviti,
l’uomo dice al corpo: sei mio, servimi.
L’animale dice all’uomo: non sono tuo, ma sèrviti,
l’uomo dice all’animale: sei mio, servimi.
L’Amore dice all’uomo: non sono tuo, ma sèrviti,
l’uomo dice all’Amore, sei mio, servimi.
La bellezza dice all’uomo: non sono tua, ma sèrviti,
l’uomo dice alla bellezza: sei mia, servimi.
La magnificenza dice all’uomo: non sono tua, ma sèrviti,
l’uomo dice alla magnificenza: sei mia, servimi.
La conoscenza dice all’uomo: non sono tua, ma sèrviti,
l’uomo dice alla conoscenza: sei mia, servimi.
La vita dice all’uomo: non sono tua, ma sèrviti,
l’uomo dice alla vita: sei mia, servimi.
La vita risponde: ricorda che io posso vivere senza di te,
ma tu non puoi vivere senza di me.
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GIOVANNI 6,37-40
Dal racconto evangelico si deduce chiaramente che Gesù ha fatto la scelta estremamente precisa di alimentare il proprio dialogo interiore con le parole del Padre, con la Parola del Padre. Perfino nei giorni della tentazione satanica nel deserto, Gesù risponde al Diavolo non con un proprio dialogo interiore personale, ma con un dialogo interiore che deriva dalla Parola del Padre: Sta scritto non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Matteo 4,4). Con la Parola di Dio, con il dialogo interiore di Dio suo Padre, Gesù ammaestra la gente, guarisce ogni malattia, sconfigge la morte, compie miracoli, scaccia ogni spirito malvagio, crea conoscenza, apre la mente, ispira il popolo a sostituire i vecchi dialoghi interiori per conoscere una vita felice e piena di benessere.
In questo testo del vangelo, Gesù, che Giovanni evangelista identifica con il Logos di Dio fatto carne, ci dona una Parola meravigliosa per sostituire sempre, con grandissima efficacia, i dialoghi interiori ammalati e velenosi, che procurano solo emozioni di rabbia, ira, fastidio, rancore, vendetta, e quindi paura, paura, paura. Qualsiasi cosa possa accadere nella vita, se un uomo cerca pazientemente e con un po’ di allenamento di sostituire tutti i suoi dialoghi interiori con queste parole di Gesù, facendole rimbalzare dentro di sé in ogni momento, meditandole, amandole, accarezzandole teneramente, non perderà mai la felicità e la pace interiore.
Se un uomo si ripete dentro, come fosse Gesù stesso a ripeterlo continuamente al suo spirito e alla sua psiche, tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me, non proverà mai paura, mai; o se si ripete nel dialogo interiore lungo la giornata, sempre come fosse Gesù a dirlo al suo cuore, colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, allora non proverà più paura, mai più. Se un uomo si ripete dentro: perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato […] che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, non proverà più paura, mai più. Così come se un uomo si ripete con amore dentro sé, ogni secondo, che la sua vita sarà vita per sempre, immortale nell’amore e nella luce di Dio, affidandosi alle parole di Gesù: ma che lo risusciti nell’ultimo giorno, non proverà più paura, mai più.
Gesù ci ha lasciato l’infinita ricchezza della sua Parola, raccolta nel vangelo, non solo per farci conoscere la sua verità e le procedure della felicità, ma anche perché possiamo utilizzare la sua Parola come nuovo e rivitalizzante dialogo interiore, come logos della felicità, per usarla come energia pneumopsichica, capace di sostituire i dialoghi di morte e le emozioni di paura.
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